Da sviluppatore senior a tech lead: un percorso

Passare da sviluppatore senior a tech lead non è un semplice avanzamento di carriera: è un cambio di prospettiva. Dalla maestria nel codice si passa alla responsabilità dell’impatto tecnico del team, dell’allineamento con il prodotto e della crescita delle persone. Questo articolo è una guida pratica e discorsiva per affrontare il percorso con consapevolezza, evitando le trappole più comuni e costruendo abitudini efficaci.

Il cambio di mentalità

Lo sviluppatore senior eccelle nell’esecuzione tecnica. Il tech lead eccelle nel far sì che altri possano eseguire bene, in modo sostenibile e coordinato. L’unità di misura non è più la quantità di codice prodotto, ma la capacità di creare contesto, prendere decisioni chiare e abilitare il team a consegnare valore in tempi prevedibili.

Principio chiave: da “io implemento” a “noi consegniamo”.

Cosa fa davvero un tech lead

  • Allinea tecnologia e obiettivi di business: traduce strategie di prodotto in scelte tecniche praticabili, chiarendo compromessi e rischi.
  • Guida le decisioni tecniche: propone opzioni, facilita il confronto, conclude con una decisione documentata e tracciabile.
  • Protegge il flusso di delivery: rimuove impedimenti, difende la qualità, cura i ritmi e le priorità.
  • Fa crescere le persone: mentoring, feedback continui, opportunità mirate per ampliare autonomia e ownership.
  • Comunica verso l’esterno: dialoga con product manager, design, sicurezza, operations e stakeholder non tecnici.

Competenze chiave da coltivare

1) Comunicazione ad alto rendimento

Scrivere brevi documenti decisionali, tenere riunioni con un obiettivo preciso, saper spiegare scelte e rinunce con un linguaggio comprensibile a chi non è tecnico.

2) Prioritizzazione e pensiero sistemico

Valutare impatto vs. sforzo, ridurre il work in progress, individuare colli di bottiglia. Vedere l’intero sistema, non solo una singola componente.

3) Architetture leggere e evolutive

Preferire soluzioni incrementali e osservabili, con boundary chiari e dipendenze esplicite. Evitare la complessità prematura.

4) Qualità come abitudine

Definire criteri di accettazione, test significativi, osservabilità in produzione, rilevanza degli allarmi e piani di rollout/rollback.

5) Sicurezza e conformità by design

Minimizzare superfici d’attacco, gestire segreti, classificare dati, seguire il principio del privilegio minimo, registrare decisioni per audit.

6) Dati e misure

Usare metriche per orientare decisioni e miglioramenti continui, mantenendo il contesto e evitando il “teatro delle metriche”.

7) Leadership delle persone

Stabilire aspettative chiare, dare feedback tempestivi e rispettosi, riconoscere risultati, creare sicurezza psicologica.

8) Gestione degli stakeholder

Allineare anticipatamente chi decide e chi è impattato, stabilire cadenze di aggiornamento, prevenire sorprese.

Rituali di team che funzionano

  • Stand-up brevi e utili: ostacoli, decisioni in sospeso, rischi in avvicinamento. Non cronache individuali.
  • Refinement con criteri chiari: storie piccole, pronte, con dipendenze note e valore esplicito.
  • Demo orientate al valore: mostrare cosa cambia per l’utente o per l’operatività, non solo schermate.
  • Retro continue e concrete: poche azioni, testabili entro il ciclo successivo.
  • Decision log essenziale: una pagina per problema, opzioni considerate, scelta, motivazioni, scadenza per il riesame.

Collaborazioni chiave

Con il Product Manager: concordare obiettivi misurabili, definire scope minimi consegnabili e gestire le dipendenze.

Con l’Engineering Manager: capacità del team, benessere, hiring, crescita; il tech lead porta il punto di vista tecnico, l’EM orchestra persone e processi.

Con gli Staff/Principal engineer: confrontarsi su direzione tecnica, standard, riuso; chiedere design review sulle scelte strategiche.

Antipattern da evitare

  • Hero coding: risolvere tutto da soli, creando dipendenze personali e fragilità.
  • Meeting senza esito: discussioni lunghe senza decisioni o azioni successive.
  • Perfezionismo bloccante: cercare la soluzione ideale quando ne basta una buona che possiamo migliorare.
  • Metriche punitive: usare i numeri per giudicare le persone anziché per migliorare il sistema.
  • Documenti-fiume: scrivere molto e decidere poco; meglio essere brevi, chiari, verificabili.

Piano dei primi 90 giorni

  1. Giorni 1–30: osservazione e mappa
    • Comprendere obiettivi di prodotto e vincoli tecnici.
    • Disegnare la mappa delle dipendenze e dei rischi principali.
    • Stabilire rituali leggeri e introdurre il decision log.
  2. Giorni 31–60: foco sul flusso
    • Ridurre il work in progress, spezzare iniziative grandi in rilasci incrementali.
    • Introdurre osservabilità minima e criteri di qualità condivisi.
    • Avviare mentoring mirato su 1–2 persone con obiettivi chiari.
  3. Giorni 61–90: consolidamento e visibilità
    • Misurare miglioramenti (lead time, tasso di successo dei rilasci, bug escape rate).
    • Comunicare risultati e prossimi passi agli stakeholder.
    • Pianificare le prossime scelte architetturali con un’architectural runway minima.

Metriche utili (con giudizio)

  • Lead time per cambiamento: tempo tra l’idea approvata e la sua disponibilità in produzione.
  • Frequency of release: cadenza dei rilasci piccoli e affidabili.
  • Change failure rate: percentuale di rilasci che richiedono correzioni o rollback.
  • MTTR: tempo medio di ripristino dopo un incidente.
  • Salute del backlog: percentuale di elementi realmente “pronti” rispetto al totale.

Le metriche non sostituiscono il giudizio: fungono da indicatori per indagare, non da verità assolute.

Documentazione: la giusta dose

  • Visione tecnica breve: uno o due paragrafi su dove vogliamo arrivare e perché.
  • Standard minimi: test, qualità, sicurezza, osservabilità; pochi ma chiari.
  • Runbook essenziali: come rilasciare, monitorare, rispondere a un incidente.
  • Riesami programmati: ogni decisione importante ha una data di revisione, non è scolpita nella pietra.

Mentoring e crescita del team

Il tech lead identifica ambiti di ownership, assegna missioni proporzionate, offre feedback specifici e tempestivi. La crescita è intenzionale: si prepara il terreno perché le persone possano riuscire, e si riconoscono i progressi pubblicamente.

Quando restare “hands-on”

Scrivere codice rimane importante per mantenere credibilità tecnica e contatto con la realtà, ma in modo selettivo: scegliere iniziative ad alto rischio o ad alto valore di esempio, delegare il resto e usare il tempo liberato per sbloccare il team.

Gestire rischi e debito tecnico

Non tutto il debito è uguale: classificarlo per impatto su affidabilità, velocità futura e sicurezza. Inserire piccole quote di manutenzione in ogni iterazione e legare gli interventi a obiettivi di prodotto (riduzione tempi, minori incidenti, maggiore conversione).

Relazione con la leadership aziendale

Portare scenari alternativi con costi e benefici; chiedere feedback sulla chiarezza delle proposte; condividere i “limiti accettabili” di rischio e le condizioni di rollback per dare fiducia e velocità alle decisioni.

Checklist pratica per il passaggio di ruolo

  • Ho definito con il mio manager e il PM gli obiettivi del prossimo trimestre?
  • Abbiamo standard minimi di qualità e sicurezza condivisi e applicabili?
  • Esiste un decision log consultabile e aggiornato?
  • Rilasciamo in modo frequente e osservabile, con piani di rollback provati?
  • Sto dedicando tempo costante a mentoring e feedback?
  • Abbiamo poche priorità chiare e un WIP sotto controllo?

Conclusione

Diventare tech lead significa passare dall’eccellenza individuale alla responsabilità dell’impatto collettivo. Richiede disciplina decisionale, cura delle persone e attenzione al flusso di valore. Con abitudini semplici—priorità chiare, documentazione leggera, misure utili e feedback continui—il percorso diventa sostenibile e, soprattutto, generativo: non solo per il prodotto, ma per la crescita del team e della cultura tecnica.

Torna su